Si è rassegnato anche Sarri…

“Vediamo se si può fare qualcosa, come ha detto il presidente se esce qualcuno allora potrebbe entrare qualche altro. L’importante è che la società sia disposta mentalmente ad accompagnarci nella crescita”.
Chi sperava in un comandante Sarri pronto a guidare la rivoluzione e a mettere con le spalle al muro la società e soprattutto Igli Tare, si può anche rassegnare e può deporre i sogni di cambiamento in un cassetto.
Non ci sarà nessuna rivoluzione e la Lazio, indipendentemente dall’indice di liquidità, non cambierà mai il suo modus agendi. E probabilmente non cambierà nulla neanche nella struttura societaria.
Le parole di ieri di Sarri hanno messo una pietra tombale su sogni e speranze di una Lazio diversa, di una società disposta a cambiare e a crescere per stare al passo della ambizioni della piazza e delle richieste di un allenatore che ha chiesto di rivoluzionare la squadra per renderla il più possibile “sarriana”.
Ci vorranno anni per vedere una Lazio “sarriana”, se mai si arriverà a costruire una squadra seguendo solo ed esclusivamente le indicazioni del tecnico toscano.
Ieri Tare si è presentato ai microfoni mostrando grande nervosismo ma la consueta arroganza, tipica di chi non accetta di essere messo in discussione e che considera nemico chiunque non la pensi come lui o si azzardi di muovere anche la minima critica.
E a fine partita, Sarri ha corretto la rotta rispetto alle ultime dichiarazioni di mercato, probabilmente rassegnato all’idea di poter ricevere poco o nulla da questa sessione di mercato e riponendo le speranze di poter iniziare la mini-rivoluzione che ha in mente nella sessione estiva di mercato.
Insomma, gennaio 2022 si appresta a diventare come ogni gennaio (tranne quello del 2010…) dal 2005 a oggi. Ovvero, uno spreco di tempo, di energie e di illusioni, l’ennesima occasione persa.
Una volta per colpa dei fax che non funzionavano o del toner mancante, una volta per colpa di mogli bisbetiche o procuratori troppo esosi, una volta per il rifiuto a lasciare Roma da parte di qualche giocatore e ora per colpa dell’indice di liquidità.
Insomma, cambiano le scuse, ma la musica è sempre la stessa.
Tare ieri ci ha detto che la Lazio ha problemi con l’indice di liquidità.
Bella scoperta, lo sapevamo da giugno che c’era questo problema e che si sarebbe riproposto a gennaio.
Viene da chiedersi che cosa abbia fatto Tare in questi 7 mesi per meritare quello stipendio da 1 milione di euro netto all’anno e per tener fede alla fama di miglior DS d’Italia, d’Europa e del Mondo, visto che oggi stiamo messi esattamente come l’estate scorsa.
Probabilmente nulla o quasi, perché come sempre la Lazio non ha rapporto consolidati con nessuno e al massimo riesce a piazzare qualche peso morto in prestito gratuito.
Mosse che consentono di risparmiare qualche mensilità di stipendio, ma che non risolvono i problemi e non sbloccano l’indice di liquidità. E semmai aggravano la situazione.
Già, perché poi succede che Fares, girato come un pacco postale da Genova a Torino si rompa il legamento e essendo passato dal Genoa al Toro sempre in prestito e senza obbligo di riscatto a luglio ce lo ritroveremo qui e reduce da un’operazione al crociato. Quindi svalutato e invendibile.
È sfiga, ma fino ad un certo punto. Perché i guai ce li siamo andati a cercare con il lanternino prendendo frotte di giocatori inutili e strapagando calciatori destinati a restare ad appesantire i bilanci e a bloccare l’indice di liquidità perché sono invendibili.
Magari qualcuno potrebbe prenderli in regalo o a prezzi da saldo, ma visto che Lotito non ci vuole rimettere un euro con le cessioni, alla fine ci rimetteremo tutto: valore del giocatore e stipendi pagati a calciatori che pascolano a Formello o giocano qualche spezzone solo in casi di assoluta emergenza.
Sarri ci ha illuso che qualcosa potesse cambiare con un allenatore che parla fuori dai denti e che sbatte i pugni sul tavolo, ma come ho scritto prima è stata solo un’illusione, un miraggio in pieno deserto.
“Se fosse per me io farei spendere anche un miliardo e mezzo, non c’è problema. Ma bisogna fare i conti con la società e per fare un discorso logico ci vogliono due o tre sessioni di mercato per fare quello che si deve fare. Perché la Lazio è una società sempre molto oculata e quindi non farà mai una sessione con 7-8 acquisti contemporaneamente e questo lo sapevo già prima di venire qui”.
E qui c’è qualcosa che non torna. Se Sarri lo sapeva anche prima di venire qui, perché si è agitato così tanto nei mesi scorsi? Perché ha fatto trasparire tutto il suo malumore per i mancati arrivi o per il fatto di avere a disposizione tanti, troppi giocatori che sono costretti ad adattarsi ad un modulo che non è nelle loro corde?
Ma, soprattutto, perché Sarri ha accettato di sposare la Lazio se fin dall’inizio aveva capito chi erano Lotito e Tare e che niente e nessuno avrebbe cambiato il modus agendi di chi guida la società e di chi gestisce il mercato?
E, infine, come si fa a parlare di oculatezza quando nelle ultime sessioni di mercato sono stati buttati dalla finestra milioni i euro a decine per prendere giocatori bocciati non da uno ma addirittura da due allenatori?
E poi non è vero che la Lazio non li compra 7/8 giocatori nella stessa sessione di mercato. Il problema semmai è che li compra badando più al numero che alla qualità.
Un esempio? Più di uno, partendo dalla stagione 2018-2019.
La Lazio acquista Proto, Acerbi (10,5 milioni + 2 di bonus), Durmisi (7,5 milioni), Badelj, Berisha (7,6 milioni), Correa (15,3 milioni + 3 di bonus), Romulo, Sprocati (3,2 milioni) e Casasola (3 milioni).
Totale: 9 giocatori per una spesa complessiva di 55,1 milioni di euro + 5 milioni di bonus per 2 giocatori (Acerbi e Correa) realmente utilizzati.
Stagione 2019-2020:
La Lazio acquista Vavro (10,5 milioni + 1,5 milioni di bonus), Dziczek (2,1 milioni), Jony (2 milioni), Kiyine (1 milione), Lazzari (13,7 milioni), Raul Moro (6 milioni di euro) e 10,10 milioni di euro per prendere dalla Salernitana un pacchetto che comprendeva Mattia Novella, Emanuele Cicirelli, Andrea Marino e Biagio Morrone.
Totale: 10 giocatori acquistati di cui solo uno titolare (Lazzari) per una spesa complessiva di 45,6 milioni di euro.
Stagione 2020-2021:
La Lazio acquista Reina, Hoedt, Akpa-Akpro (12,7 milioni), Escalante, Muriqi (21 milioni di euro), Pereira, Fares (10 milioni). A cui si aggiungono 13,6 milioni di euro versati alla Salernitana per: “un costo di Euro 1,50 milioni e acquisto diritti alle prestazioni di Euro 12,10 milioni al 30 giugno 2021”. Pag. 57 del bilancio al 30.6.2021 approvato a ottobre.
Totale: 7 giocatori (tranne Reina nessuno titolare) per 43,7 milioni di euro a cui si aggiungono i 13,6 milioni di euro versari alla Salernitana, per un totale di 57,3 milioni di euro.
Tutte le cifre citate non sono né inventate né letta su Transfermarkt, ma prese dai bilanci della Lazio.
Insomma, in ognuna delle ultime tre stagioni la Lazio ha comprato 26 giocatori (da un minimo di 7 ad un massimo di 10) spendendo complessivamente 158 milioni di euro.
Peccato che solo 4 di questi (Reina, Lazzari, Acerbi e Correa) possono essere considerati “titolari”. Gli altri sono stati o scommesse perse o zavorre o oboli versati alla Salernitana.
Insomma, tutto meno che una società “oculata” come l’ha definita Sarri e poco propensa a fare 7/8 acquisti all’anno. Ne ha fatti una media di 9 a stagione, ma sbagliati.
Sarebbe troppo chiedere di spendere nelle prossime tre stagione gli stessi 158 milioni di euro spesi tra l’estate del 2018 e il 2021 ma solo per giocatori richiesti da Sarri e funzionali al progetto? A quanto pare sì. E la colpa è soprattutto dell’indice di liquidità. Non di chi ha buttato i soldi nel Tevere…
