Ecco perché il Flaminio non è VENDIBILE!
Questa volta non scrivo nulla di mio, semmai nei prossimi giorni tornerò sull’argomento scrivendo tutto quello che penso su questa vicenda e sull’uso che sta facendo da anni Claudio Lotito della questione dello stadio di proprietà della Lazio.
Oggi lascio la parola ad esperti e giuristi che ne sanno più di me su questa vicenda, perché la studiano da anni. E da questi studi (e dalle leggi vigenti) emerge l’impossibilità o quasi che il Comune di Roma possa vendere allo Lazio lo Stadio Flaminio o anche solo concedere il diritto di superficie.

Io resto convinto che se fosse stato depositato un progetto reale e completo l’iter per la conferenza servizi sarebbe già partito e la Laizo avrebbe avuto buone possibilità (se non la certezza) di ottenere la “pubblica utilità” dell’opera e quindi la concessione per 99 anni dell’impianto. E partire con i lavori di ristrutturazione già alla fine del 2026.
Ma qualcuno ha deciso di allungare (come sempre) i tempi, di cambiare strada e strategia, di parlare senza fare concretamente dicendo da mesi “manca poco”. E non mi riferisco né a Gualtieri né a Onorato. Comunque, non è successo, quindi inutile parlane. Vi lascio allo studio pubblicato ieri sul suo sito da Federsupporter, giudicate voi…

Recenti articoli apparsi su ”Il Corriere della Sera-edizione romana” a firma di Elmar Bergonzini (11 ottobre 2025) e di Rinaldo Frignani (21 ottobre 2025) danno notizia di una prossima interlocuzione tra il Comune di Roma e la SS Lazio spa per il riconoscimento a quest’ultima del diritto di superficie relativo allo Stadio Flaminio.
Al riguardo, si ritiene necessario fornire le precisazioni di carattere tecnico- giuridico che seguono.
Il diritto di superficie consiste nell’attribuzione del diritto di proprietà su una costruzione, distinto dal diritto di proprietà del suolo sul quale questa costruzione sorge.
Il titolare del diritto di superficie ha la totale disponibilità della costruzione che, altro non è, se non una proprietà, potendo, quindi, costituire su di essa diritti anche reali (es.ipoteca).
Se il diritto di superficie è a tempo determinato la scadenza del termine comporta l’estinzione di tutti i diritti sul bene.

È evidente, perciò, che la costituzione di un diritto di superficie su un immobile si sostanzia nella sua alienazione da parte del proprietario originario.
Ciò premesso, essendo lo Stadio Flaminio un immobile di proprietà del Comune di Roma di natura storico-culturale, ai sensi del ”Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” è, per legge, inalienabile.
Quando anche fosse da ritenere alienabile, lo sarebbe solo a patto di autorizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. E, segnatamente, della competente Soprintendenza Speciale per i Beni Architettonici e del Paesaggio.
Fermo restando che, anche in questo caso, il bene rimarrebbe, comunque, soggetto al rispetto della normativa che ne tutela l’architettura, la struttura ed il rapporto con Il contesto urbano e paesaggistico.

Sullo Stadio Flaminio la Soprintendenza, che già aveva dichiarato di interesse l’impianto sportivo come “tutelato ai sensi dell’art.10, co.3,lett.d) del D.lgs 42/2004, con Decreto del Segretariato Regionale del Lazio del 09/11/2018 n.11120098,” precisava che…
“gli interventi dovranno rispettarne la struttura l’impianto originario, nonché le finiture che vedano al tempo stesso rispettate la vocazione e l’originaria destinazione d’uso, sia per quanto riguarda la funzione dello stadio che degli spazi accessori”.
La stessa Soprintendenza, nell’esaminare il “Conservation Plan” relativo allo Stadio Flaminio, del 2021, predisposto dall’Università degli Studi La Sapienza di Roma e finanziato dalla Getty Foundation, riteneva il Piano “strumento indispensabile in vista digli auspicabili interventi di restauro”.
“Conservation Plan” in cui si raccomanda, tra l’altro, espressamente e specificatamente, di estendere le liste di tutela culturale, oggi limitate al solo Stadio Flaminio, all’intero sistema degli impianti e delle strutture olimpiche di Nervi.
A questo si aggiunge che l’eventuale sdemanializzazione dal demanio comunale culturale, di cui fa parte lo Stadio Flaminio, con conseguente passaggio del bene da demaniale a patrimoniale potrebbe essere attuata solo mediante provvedimento amministrativo.
Sdemanializzazione che non potrebbe avvenire neppure nel caso di prolungato disuso del bene da parte dell’ente pubblico proprietario.

Si tenga, inoltre, presente che anche relativamente ai beni immobili non demaniali costituenti solo patrimonio pubblico, sebbene non disciplinati da normative specifiche che ne dispongano l’inalienabilità, le Amministrazioni Pubbliche proprietarie ricorrono normalmente, in maniera prudenziale, non a provvedimenti di alienazione di tali immobili, bensì di concessione.
Pertanto, a nostro è parere non ci sono né i presupposti né le condizioni che consentano la costituzione di un diritto di superficie sullo stadio Flaminio a favore di un soggetto privato.
Più in dettaglio, si richiama il provvedimento di dichiarazione di interesse culturale con il quale il complesso sportivo è stato assoggettato alle norme del citato Codice (Decreto legislativo n.42/2004).
In particolare, si citano i principi sanciti dall’articolo 1 del richiamato Decreto:
Comma 1: ”In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione La Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice”.
Comma 2: “La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”.
Comma 3: “Lo Stato, le Regioni, le Città Metropolitane, le Province e i Comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione”.
Comma 4: “Gli altri soggetti pubblici nello svolgimento della loro attività assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale”.
E, per quanto attiene più specificatamente allo Stadio Flaminio, si richiama il disposto dell’articolo 11 del richiamato Decreto “Cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela” e, in particolare, il comma1 che recita: “Sono assoggettati alle disposizioni espressamente richiamate le seguenti tipologie di cose… (lettera E) “le opere dell’architettura contemporanea di particolare valore artistico ai termini dell’articolo 37”.

Deve, peraltro, rilevarsi che lo stesso Comune, facendo proprio il richiamato “Conservation Plan” si è vincolato al rispetto delle indicazioni in esso contenute.
Pertanto, non ricorrono i presupposti e le condizioni che consentano la costituzione di un diritto di superficie sullo Stadio Flaminio a favore di un soggetto privato.
Costituzione che, ove fosse possibile, dovrebbe, comunque, avvenire a titolo oneroso a carico del privato ed a favore del Comune sulla base di una perizia estimativa del valore di tale diritto.
A tale riguardo si ritiene opportuno un richiamo alla Legge 23 dicembre 1998 n.448 contenente “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo” del 29 dicembre 1998, con cui è stata offerta ai Comuni la possibilità di cedere in proprietà le aree comprese nei Piani di Zona.
In questa ottica, per un eventuale ipotetico acquisto dell’impianto, si richiama quanto richiesto per la determinazione del prezzo (Delibera n.4 del 31/03/2003: “Cessione in proprietà ai sensi della legge 23 dicembre 1998 n., 448 articolo 31, commi da 45 a 50″).
“L’importo da corrispondere per l’acquisto viene calcolato sulla base del valore di stima cui dovranno essere detratti gli oneri versati al momento della stipula dell’atto notarile di concessione del diritto di superficie, ovvero alla stipula della convenzione di assegnazione delle aree per l’acquisizione del diritto di superficie rivalutato secondo gli indici Istat.
La trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà avverrà a seguito di proposta da parte dell’Amministrazione di Roma Capitale e di accettazione da parte dei singoli proprietari dietro pagamento del corrispettivo di cessione”.
Alla luce di tutte queste considerazioni, dunque, non appare conforme al dettato costituzionale il disconoscimento del pubblico interesse a progetti di ristrutturazione e ripristino dello Stadio Flaminio che non siano esclusivamente o prevalentemente finalizzati ad ospitare grandi eventi sportivi calcistici nazionali ed internazionali di rilevanza mediatica.
